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Kublai

by Kublai

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1.
Pellicano 03:16
Della notte non ho piume scure né palpebre chiuse Non vorrei ma lo so come voi tornerò a perdonare Vola il tempo e voi no ho un bicchiere di luce al tramonto Solo un sorso e poi giù alla gola del buio Della notte voi no non mi sembra che siate poi pratici Via dal buio perciò appartiene da sempre agli asmatici Di stagioni cadrò gli anni vivo non mi prenderanno Sono il sonno e lo so volerò a perdonare
2.
Era una notte scura senza luna quella nera in cui lo baciò Era l’ultima volta e forse lei sapeva mentre lui invece no Quando farà stagione sceglierà il tuo nome lei d’un soffio cantò Poi come luce volse spalle al buio si dissolse e non ritornò Era una notte limpida ventosa quella nera in cui lo baciò Probabilmente aveva scuola il giorno dopo mentre lui invece no Lei nominava tutto ed anche ai suoi polmoni i suoi due nomi donò Per richiamarli all’ordine e al respiro caso mai si fermassero
3.
Nevai 04:43
Perenni le nevi che scelsero il buio così Perché non ti siedi parliamone un minuto qui Giganti i pianeti che accolsero la gravità Eterni i segreti che morte sorprenderà Beati i discreti che appresero la verità E i sonni completi se l’incubo li spezzerà Giganti gli abeti che ignorano la gravità Eterni i poeti che morte sorprenderà Tu come l’incenso questo fai Fermo nel silenzio è il tuo Catai Seduto ad aspettare Andromeda Fermo nell’immenso questo fai È un silenzio assurdo il tuo Catai Sogno vivido, giorno buio canto in coro nel diluvio Giorno è sera però non è vera notte è sera però sarà nera Giorno livido, sogno buio canto il tuono nel diluvio
4.
Cipango 06:23
Voltarsi quando chiamano il tuo nome è dimenarsi alcolico ballo di esistere non lo voglio più fare Io con certe cose veramente non c’entro niente e detesto cordialmente l’acqua e la corrente non mi sembrano una scusa sufficiente per alzarsi Alzarsi quando chiamano il tuo nome è rassegnarsi al logico fatto di esistere e non lo voglio più fare Io di queste notti elettorali non vorrei sapere poi vederli tutti in fila mi dà troppo dispiacere non mi sembrano una scusa sufficiente per contarsi Però io sarò un uomo un uomo per davvero ed avrò in faccia i segni segni del pensiero e canterò solo dopo mangiato perché da sempre così mi va finché il metronomo che ingoiai da bambino si spegnerà Voltarti voltarti a guardare indietro non ha molto senso se persino l’indietro ha voltato le spalle a te non lo devi più fare Tu di queste cose francamente non sai niente e detesti cordialmente la lingua corrente non ti sembra una ragione sufficiente per parlarmi Però tu già lo sai che io non sono il tipo che dico ciò che penso perché non penso a ciò che dico e poi mi ingoierà Dio l’incredulo neanche sapeva di un Aldiquà quando il metronomo che ingoiai da bambino si fermerà
5.
Il sole il buio guasterà il fiore il frutto guasterà nuotiamo a casa adesso guastò il mare questo asciutto quando il sole il brutto guasterà me ne starò sdraiato al cielo e al cielo mi confonderò forme di morte in fondo al cosmo dell’oceano troverò e poi in un canto le nasconderò perché tu sarai l’unico a saperne Sonno non ne ho stiamo ancora un po’ Se guidare scegli tu non sogno più
6.
Alla luce 04:31
Alla luna i falò suggerirono spiagge da accendere sulla sabbia non puoi costruire le case Alla luce di ciò come potrebbe sorprendere che non sorga il cielo sopra le case Ma la luna ai falò suggerì solo spiagge di cenere sulla sabbia non puoi costruire le case Inutile volersi spettinare al cielo lugubre stremarsi ad inalare il vento è sempre stato il mio scontento Inutile cantare le parole e poi discuterle speravi respirassi al cielo è sempre stato il mio veleno
7.
Oltre il giardino e il grande cancello le soglie del dolore vedrai la bicicletta è sicura all’interno i ladri non vengono mai E una mente giù in strada pensava che fossi su in casa a dormire da giorni come fai ragazzo debole hai deciso ad un bivio veloce come un suicidio come la decisione di un sorriso o meno Le soglie del dolore dietro grandi portoni ed un cortile direi certe domeniche mi vedranno lì fuori verrò a mangiare dai miei E tu quanto parlavi e pensavi servissero chiavi ragazzo infelice come fai a misurare su in cielo ti vedo tra angeli e autovelox l’accelerazione di un sorriso più o meno T’insulterò le mani se non mi chiami in tre giorni di sole quale migliore occasione per dirtelo Quando le nostre mani avranno rami di foglie stesi al sole e le soglie del dolore chiavi Tu sogno di mezzogiorno giorno senza metà tu aquila di miniera falco delle città
8.
Musa 05:06
Scusa stando fuori dalla porta di casa rovistando nella borsa cercavi una buona scusa a forma di chiavi l’orologio non guarisce con la fretta manca luce sulle scale aspetta Scura il contrario del tuo nome fa paura non lo posso pronunciare per vergogna lo potrò sempre cantare quando ho voglia forse al giorno è ancora dato di sapere ciò che al buio è sempre dato disperare Sono la mia ombra accesa sono la lampada biodegradabile sono la dimostrazione che la mia presenza è riciclabile sono la macchia nera che fate al telefono su una pagina sono il figlio della distrazione che la mia immagine neanche immagina Musa stando ancora sulla porta della chiesa occhi bassi e testa alta chiedevi e lì intorno erano tutti audiolesi vilipesi dalla tua grande bellezza manca luce in questo sole spezza Noi sogni di mezzogiorno giorni senza metà noi aquile di miniera rondini di nevai
9.
dr. j: Quante volte al sole avresti detto addio? k: La mente è un asteroide, nel resto sono io. dr. j: Capelli di cometa, fammi la coda, tu. k: La gola è un buco nero che non inghiotte più. dr. j: Quante volte al sole hai detto “volerò” Povero coglione, povero Icaro. k: La testa non mi vuole, duole il corpo e già sono il mio dolore, sei la mia pietà. dr. j: Non piangere perché, non ridere perché è l’ora delle visite, è l’ora delle visite. k: Dottor mio, che dice? Devo andare via ho il mare in lavatrice, giù in lavanderia panni e pesci avremo da dividere per moltiplicare queste viscere. dr. j: Non piangere perché, non ridere perché è l’ora delle visite, è l’ora delle visite. Certo della pena un mattino sei figlio di balena tornerai da lei l’universo è il grembo di tua madre ci son stelle dentro e fuori il mare.

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La piena realizzazione di un intento comporta, al fondo, la sua perdita. Questo è il non detto che aleggia in tutte le stanze di "Kublai", un LP diviso in tre respiri o movimenti, e composto di arie, più che di brani in senso stretto. Le canzoni, infatti, non coincidono con le tracce del disco, ma vi sono annegate a forza, e solo a tratti riaffiorano dal magma sonoro, con intenzione certamente melodica, ma forma incompiuta. Incompiuta, forse, per non completare troppo in fretta quella perdita.

credits

released December 4, 2020

Musica e parole di Teo Manzo
Produzione e missaggio di Filippo Slaviero

Corde • Teo Manzo, Federico Slaviero
Ottoni • Francesco Piras, Niccolò Pozzi
Pelli, legni e metalli • Mamo
Tasti • Jacopo Sam Federici
Macchine • Filippo Slaviero
Canti • Teo Manzo

Registrato a Milano presso Il Vicolo Studio, Hit Factory Studio e Adesiva Discografica

Masterizzato presso La Maestà Mastering da Giovanni Versari

Libretto a cura di Lorenzo Cetrangolo

Copertina di Paolo Castaldi

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Kublai Milan, Italy

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